In Allattamento, Sonno e allattamento notturno

“Tutto il giorno porto il mio bambino sulla schiena, ora fa buio e dorme nelle mie braccia. Quando diventa sera sono davvero stanca, ma come fa ogni mamma, canto una ninna nanna”

Ninna nanna giapponese

 

Margarita Sikorskaia, figurative painter (nata nel 1968)

Il problema del sonno fisiologico, laddove non vi siano cause mediche, è particolarmente percepito nel mondo occidentale come la capacità del bambino di adattarsi ai ritmi della società moderna. In altre culture, invece, il sonno del bambino è sacro e tutelato ed è impensabile che egli dorma da solo, separato dai genitori o dai fratellini.

Nell’800 e nei primi ‘900 molti quadri, soprattutto dell’epoca vittoriana, rimandavano a uno scenario impostato, con ambienti ordinati e figure materne sorridenti, luminose e pargoli dormienti e sognanti.

Motherhood, 1910 – Etienne Adolphe Piot

Anche oggi, nella società moderna, è pressoché radicata ed esaltata l’idea che un neonato o un lattante debba dormire anche 6-8 ore continuative. In realtà il neonato si risveglia ripetutamente di notte per un istinto primordiale di sopravvivenza o se vogliamo di difesa, per esempio quello di poppare frequentemente per soddisfare la sensazione di fame/sete, allertarsi per i  rumori, reagire a un minimo stato apneico.

Nelle correnti pittoriche del Divisionismo, dell’Espressionismo, degli Scapigliati e dei Macchiaioli, invece, gli artisti ritraggono madri “single” (ai tempi espropriate dei loro beni e non riconosciute dalla loro famiglia), povere o lavoratrici, che crollano a fianco di un bimbo che, forse, proprio non ne vuol sapere di dormire o che vuol stare solo in braccio.

Le due madri, 1889 – Giovanni Segantini

Fisiologicamente, nel neonato a termine, vi sono due tipi di sonno: sonno attivo o leggero (REM), riconoscibile da piccoli movimenti degli occhi e del viso, espressioni facciali, sorrisi “angelici” e sonno profondo o passivo (non-REM) laddove il respiro è più regolare. Il lattante inizia a percepire che esistono un giorno e una notte intorno alla fine del primo trimestre di vita, quando si allungano i tempi di veglia, matura il sistema neuro-visuo-percettivo e progrediscono le abilità grosso e fino-motorie (in particolare le coordinazioni occhio-mano). Nel primo mese di vita, si  trascorre circa il 60% del tempo nel sonno attivo, mentre il restante 40% appartiene al sonno profondo. In pratica, il ciclo del sonno, ossia il passaggio dal sonno attivo al sonno profondo avviene, nei primissimi mesi, ogni 40 minuti circa (Kendall-Tackett, 2014) e un bambino allattato al seno può svegliarsi più frequentemente di uno allattato artificialmente. Progressivamente il bambino impara a ravvicinare e a integrare i cicli del sonno, fino a quando esso diventa “temporalmente” più lungo.

Maternità, 1852-1895 – Meijer de Haan

Durante il sonno attivo, la produzione degli ormoni della crescita aumenta, mentre le sinapsi del sistema nervoso centrale lavorano e fissano le informazioni della giornata. Così il cervello attiva una differente modalità di apprendimento, rispetto a ciò che accade nello stato di veglia. In pratica, esso “ricorda”, “riordina”, “riorganizza”, “memorizza”. Elena Balsamo ricorda, nel suo libro “Sono qui con te” (Ed. Il leone verde): “Mentre  il bambino dorme, egli stesso cresce”, mentre Sergio Segantini scrive: “Nel momento in cui ci si addormenta c’è comunque qualcosa che si stacca: la coscienza si allontana ed entra in azione un nuovo stato mentale” (“Le notti bianche – Quando il bambino non dorme” – Ed. Giunti Demetra). I bambini, infatti, iniziano a sognare addirittura nella loro vita  intrauterina, intorno al 7° mese di gestazione.  È curioso che in spagnolo “sueño” abbia un duplice significato: “sonno” e “sogno”.

Camille e suo figlio, 1875 – Claude Monet

Le alterazioni del ritmo sonno-veglia possono combaciare con nuove acquisizioni nelle tappe di sviluppo psicomotorio che danno origine a disorganizzazioni e riorganizzazioni interne (per esempio rotolare, gattonare, camminare oppure lo svezzamento, la separazione dal genitore per il rientro al lavoro, l’inserimento all’asilo e altro ancora). Vi sono anche dei cibi che nell’allattamento al seno possono interferire con il sonno (come la caffeina, l’alcool, la nicotina, cibi poco sani e poveri di triptofano).

La psicoanalisi definisce invece l’addormentamento come il lasciarsi andare a qualcosa che “non si conosce” e dove ci si percepisce indifesi. Commons, ricercatore della Harvard Medical School (Janice Tedder, Corso H.U.G. Counselor) riporta che alcuni bambini possono sentirsi più stressati nel dormire da soli e ciò comporta l’innalzamento del cortisolo, che è l’ormone dello stress e che, a sua volta, aumenta la difficoltà del bambino a “rilassarsi”.

Le tre età della donna (manca la parte della vecchiaia), 1905 – Gustav Klimt

Le difficoltà di addormentamento e un sonno irregolare, così come il pianto del bambino piccolo possono creare disorientamento, stress o un forte senso di inadeguatezza e impotenza nei genitori, soprattutto quando il confronto con altri genitori che hanno “figli che mangiano e dormono come angioletti” è disarmante. Il pediatra è spesso il primo punto di riferimento, perché conosce la storia intima di “quel bambino” e di “quella famiglia”, poi vi sono altre figure professionali che possono aiutare a “leggere” i “segnali comportamentali del bambino” e infine ci sono libri che espongono i diversi tipi di approccio e di pratiche per l’addormentamento.

L’ascolto “senza giudizio” dei vissuti e delle esperienze materne insegna che non ci sono “ricette preconfezionate”: ogni bambino reagisce a modo proprio, con ritmi diversi in base a cause endogene ed esogene e quando i bambini crescono, cambiano le loro esigenze. Accorgimenti e indicazioni devono  SEMPRE ESSERE RIGOROSAMENTE adattati al bisogno del proprio bambino, alla propria situazione e condizione sociale o domestica, ma anche al riconoscimento del proprio istinto genitoriale. A volte basta semplicemente modificare l’approccio o l’atteggiamento genitoriale per modificare il comportamento del bambino. Talvolta è sufficiente regolare la temperatura interna della stanza e mantenere la luce spenta, allontanare dispositivi digitali (cellulari, tablet e TV), preparare il “nido”, mettere a “nanna” nella fase del sonno attivo successiva alla prima fase chiamata “sonnolenza” (per altri funziona, invece, adagiarli durante il sonno profondo), ricordarsi dell’importanza del contatto pelle a pelle, pensare al “co-sleeping” (molto usato in culture africane e amazzoniche) o alla “next-to-me”, ossia il lettino affiancato al lettone, riprodurre rumori ovattati come quelli uterini in gravidanza, considerare il “wrapping” (avvolgere il lenzuolo intorno al corpo come un morbido e caldo bozzolo e cullarlo), mantenere le routine dell’addormentamento (regola valida anche per altre figure di riferimento), la mano di mamma o papà appoggiata sull’addome del bambino cercando di accordare la propria respirazione con quella del figlio… Gli esempi, insomma, sono infiniti.

Il padre è in mezzo al mare (da Demon-Breton), 1889 – Vincent Van Gogh

E poi ci sono i bambini con “fragilità” (per esempio i prematuri, i neonati affetti da patologie o in situazione di disagio sociale) che richiedono una rete di sostegno e di accompagnamento alla genitorialità multidisciplinare e i bambini ad “alto bisogno”, che sensorialmente o emotivamente sono più sensibili o costantemente in allerta e quindi con necessità di molte rassicurazioni e un’alta dose di tolleranza da parte di mamma e papà.

Spesso passa in secondo piano che la fatica ad addormentarsi o le turbe nel sonno riflettano, invece, le fatiche e i vissuti emotivi del bambino (per esempio una separazione nella coppia, conflitti coniugali, l’inserimento all’asilo nido, la nascita del fratellino) oppure le ansie, le fragilità e le aspettative dei genitori stessi.

Maternità, 1921 ca. – Salvador Dalì

Con Chagall e Dalì, la figura materna viene sempre più intesa come essere umano. Le mamme hanno tutto il diritto di sentirsi stanche, nervose, incapaci, arrabbiate, affrante quando il bambino non dorme e “non si dorme più”. Ecco allora che dormire di giorno quando il proprio bimbo fa il “pisolino” può dare una carica in più per affrontare la giornata.

Sleeping Mother, 1883 – Christian Krohg

Margarita Sikorskaia – figurative painter (nata nel 1968)

 

E infine, ma non ultimo come importanza, il “papà che allatta”, come lo definisce amorevolmente il dottor William Sears nel suo libro “Genitori di giorno e… di notte” (Ed. La Leche League International), ovviamente inteso come papà che si prende cura, che nutre nel senso più ampio del termine. L’interazione padre-figlio apporta un imprinting unico nello sviluppo psicomotorio ed emotivo per il bambino. Alcuni studi hanno osservato come la presenza accudente del padre aiuti la madre a mantenere un bonding più reattivo (“La vida secreta del niño antes de nacer”, Thomas Verny e John Kelly – Ed. Urano). Il papà, laddove presente, può e deve essere coinvolto subito, può diventare una “doula”, insieme ad aiuti esterni, e sollevare la partner da altre incombenze di casa. Il papà ha tanti strumenti a suo favore: il suo timbro vocale basso può diventare rilassante e rassicurante, così come il contatto pelle a pelle paterno è particolarmente apprezzato dai bambini e può creare un rituale per la “nanna” speciale.

La sintonizzazione tra il genitore e il proprio bambino dovrebbe basarsi principalmente sull’istinto e sul  “sapersi mettere in ascolto”. Le mamme potrebbero recuperare e affidarsi all’innata saggezza femminile, i genitori avere maggiore fiducia nel loro bambino.

Tuttavia non sempre è così immediato e scontato capire “come fare a…” nel momento dell’addormentamento e talvolta è richiesta ai genitori un’impegnativa “fase di introspezione e di rodaggio”,  per individuare liberamente e con il “buon senso” ciò che è funzionale alla creazione e al mantenimento di un sano equilibrio, che può essere flessibile e adattabile alle rispettive necessità, ma soprattutto che faccia star bene il bambino, la mamma e il papà.

 

Tamara Cavallaro

Facilitatrice in Allattamento per l’Associazione Allattamento e Dintorni APS, TNPEE, HUG Counselor e

Guida Turistica – Regione Lombardia Reg. Rep.Elenco 279/97

Si ringraziano le aspiranti Facilitatrici Sara Corna e Valeria Paoletto per la collaborazione.

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